Categorie
Scritti e poesie

Tu e io

Tempo di lettura: < 1 minuti

Viviamo un tramonto al giorno

E ancora ci spaventiamo di morire.

La vedi quell’onda del mare?

Sei tu quella e accanto sono io.

E se ci siamo incontrati

È perché lo volevamo.

Senti la risonanza?

Non c’è alcuna paura

Non ci sono limiti

Ma alcuni sono belli da vivere.

E se scelgo te contro ogni logica

Sfidando ogni giorno

Il dolore che provo

Nel non poterti avere accanto

È perché so che non è verità.

Sei accanto a me

Ogni volta che ti penso

E la tua scelta presente non è il futuro.

Ora sono grande, non tanto

Ma quanto basta per capire

Che sono abbastanza stupido

Per correrti dietro nei campi

Dei fiordalisi della mia mente.

Non voglio nulla da te:

Mi basta la mancanza che sento

Per capire quanto vali.

Non è masochismo,

Ma osservare la vita per la sua

Strana abitudine a collidere

Tra volontà e desiderio.

So che la mia presenza

Cambia il mondo

E che dipende da me come.

E non c’è amore che non porti verità

Per questo insisto a crederti.

Al di là di ogni universo

L’unica cosa che sento

È il tuo vivere incessante

È questa vibrazione che non perdo

Che mi porta nei pianeti

Del nostro divenire,

Scritte che si cancellano in fretta

Ma mai abbastanza per dimenticarti.

Dario Pulcini

Categorie
Scritti e poesie Umanesimo

La mia famiglia

Tempo di lettura: 2 minuti

Mi piace che le cose vadano bene.
Se proprio possiamo dare un senso alla nostra esistenza, non c’è nulla di più importante che usare ogni fibra dei nostri muscoli, ogni neurone del nostro cervello, ogni palpito del nostro cuore, per fare ogni sforzo possibile per salvare tutta l’umanità. Ognuno di noi sbaglia, fa errori, ma non è in questo la nostra grandezza, né il nostro limite, è inevitabile sbagliare, è necessario per apprendere.
La grandezza di ognuno di noi è nel correggere i nostri errori, giorno dopo giorno, in una lotta infinita tra il nostro lato oscuro e la nostra parte illuminata, per evolverci, affrontando le difficoltà senza fuggirne.
La natura di ogni cosa tende costantemente all’evoluzione.
L’universo è spinto da una compassione infinita, da un’energia infusa in ogni singolo elemento in una danza cosmica permeata di forza, capace di sconfiggere ogni dolore. E noi siamo, nel profondo, quella danza.
La terra, il nostro meraviglioso pianeta, la vita che si è espansa in ogni luogo e in ogni forma, rischia di collassare.
Non è una visione apocalittica, è la realtà.
Ma non esiste alcun destino prestabilito.
Siamo noi a decidere il futuro, migliorando oggi, istante dopo istante.
Nulla potrà fermare la nostra speranza nel cambiare in meglio, perché è una battaglia che quotidianamente possiamo combattere dentro noi, sforzandoci di superare i nostri limiti, che nessuno può fermare e che solo noi possiamo vincere.
La vita di ognuno di noi è piena di dolori, ma se ci fermiamo a guardare solo questo perdiamo l’essenza del vivere, che è gioire per ogni conquista fatta, per ogni battaglia vinta e ogni giorno cominciare a combattere nuovamente.
La nostra eternità è la nostra determinazione a vincere contro il dolore, perché non esiste dolore più grande di diventare gli artefici della distruzione della nostra specie, di essere coloro che si auto-eliminano per non sforzarci di seguire la meravigliosa evoluzione dell’universo.
Ogni singolo deve unirsi all’altro, tirare fuori il coraggio, spingersi oltre il proprio limite egoistico e fare la propria parte per il bene di tutti.
Ciò significa realizzare pienamente il nostro essere umani.
C’è un mondo splendido, fatto di pace, gioia, speranza, che solo attende di essere costruito.
E noi possiamo esserne i fautori.
Diventiamo gli attori principali di questo cambiamento epocale, risvegliamo in noi stessi la consapevolezza che ci lega ad ogni cosa e scopriremo la risonanza tra tutti noi, nessuno escluso, scopriremo di potere essere tutti insieme la meravigliosa, pacifica, gioiosa, famiglia umana.

Categorie
Buddismo Umanesimo

Alle radici della felicità

Tempo di lettura: 3 minuti

Sapete cosa mi rende felice? Il sapore di un bicchiere di vino di un produttore biologico che si trova vicino casa mia, fatto con sapienza, amore, rispetto dell’ambiente e degli esseri umani. Un pomodoro o un cavolo che raccolgo dall’orto naturale di cui mi prendo cura insieme ad altre persone, in condivisone. L’abbraccio di mia mamma e di mio papà, il loro sorriso. Una famiglia unita capace di superare le proprie differenze. Il sorriso sincero dei miei amici. La comunità in cui vivo capace di cambiare tendendo ad una condizione migliore di vita per tutti, scegliendo insieme, lasciando da parte le divergenze e cercando di cogliere ciò che ci unisce. Mi rende felice chiacchierare con uno sconosciuto, di qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi lingua e scoprire di condividere una comune umanità. Avere la fortuna di incontrare grandi personalità capaci di essere colte, intelligenti e aperte al dialogo allo stesso tempo, senza sentirsi più capaci degli altri, senza escludere gli altri, ma capaci di abbracciarli.
Mi rende felice osservare gli alberi che sono mossi dal vento, la pioggia che cade sui campi e che permette la vita, il succedersi delle stagioni: il freddo dell’inverno, il caldo dell’estate, il tepore dell’autunno e della primavera. Saper superare la solitudine, capace di soffrire senza scoraggiarmi, sapendo far tesoro del dolore. Trovare le parole giuste da dire nei momenti più duri, trovare la poesia in un gesto, un’alba, un tramonto, un ricordo, una sensazione.
Mi rende felice saper chiedere scusa e saper dire grazie. Mi rende felice la persona che sa chiedere scusa e che sa dire grazie. Mi rende felice cercare incessantemente la verità e chi la ricerca senza mai stancarsi, senza mai arrendersi, sfidandosi ogni giorno, approfondendo e cercando di capire, piuttosto che giudicare e rimanere a guardare senza agire. Mi rende felice la mia capacità di approfondimento e di studio. Mi rende felice il coraggio che permette di non arrendersi ad una realtà che non piace, che si vede come iniqua e ingiusta. Mi rende felice il coraggio degli altri, che mi dà la forza di non arrendermi agli eventi infausti della vita.
Mi rende felice sognare ad occhi aperti, progettare un futuro migliore agendo nel presente, considerando tutti.
Mi rende felice sbagliare per poi riprovare a fare bene, senza la paura di essere giudicato.
Mi rendono felici i bambini, capaci di provare gioia per il solo fatto di essere vivi.
Mi rende felice baciare la persona che amo anche se lei non è consapevole di quanto è grande quel bacio e cosa cambierà nell’universo.
Mi rende felice dare e ricevere senza pretendere nulla in cambio.
Mi rende felice chi è altruista, chi sa dare un contributo positivo e propositivo, perché sa di essere parte della vita nella sua complessità e immensità.
Mi rende felice tutto ciò che ha valore e che produce valore, che incorpora in sé il senso del bello, del buono, del giusto.
Qualcuno potrebbe pensare che siano esperienze soggettive, ma non è così. Ognuno ha la capacità, attraverso i propri sensi così come sono, attraverso le proprie esperienze, attraverso la propria mente e il proprio cuore, di vedere dove è il giusto, dove è la gioia, dove è la verità, nella comprensione profonda che tutto è interrelato.
Tutto questo l’ho imparato e continuo ad impararlo istante dopo istante recitando Nam Myoho Renge Kyo di fronte al Gohonzon, la legge mistica tramandata nei secoli che racchiude in sé tutto ciò che è esistito, che esiste e che esisterà nell’universo.
Sembra arrogante pensare che delle parole, una pergamena di fronte a cui pregare, siano di per sé sufficienti a capire la realtà, a discernere l’illusione dalla realtà.
Ma se posso lasciare qualcosa di vero alle generazioni future, è tutto racchiuso nell’insegnamento buddista di Nichiren Daishonin giunto a me grazie alla Soka Gakkai, che tramanda oggi il corretto insegnamento buddista per raggiungere rapidamente la vera felicità, la vera gioia di vivere. Il futuro è tutto da scrivere e ognuno di noi è ne è il protagonista, l’attore principale.
Ognuno cambia il futuro grazie all’assunzione della propria responsabilità di esistere, impegnandosi a migliorare ogni giorno.

Categorie
Buddismo Umanesimo

La massima gioia

Tempo di lettura: < 1 minuti

La nostra felicità la si costruisce giorno per giorno, migliorando la nostra capacità di scegliere bene: avendo sempre più chiaro ciò che sentiamo giusto, ciò che fa bene a noi e agli altri, ciò che ci rende veramente allegri e appagati, abbattendo pregiudizi e convinzioni erronee, trasformando rabbia, violenza, arroganza e avidità, in energia per combattere dentro di noi, al fine di far emergere il meglio di ciò che siamo sempre più.
Chi vive senza obiettivi chiari vive sempre in balia degli eventi, perché non sceglie mai, non si assume mai la responsabilità della propria vita, si lascia trascinare, non crea nulla di nuovo, lascia tutto al caso, rimane in superficie d’ogni cosa, non usa la propria capacità innata di andare in profondità, di percorrere la strada che porta a realizzarsi pienamente, di far emergere il proprio vero sé.
Non si può vivere nell’incertezza determinata dalla paura di vivere, di amare veramente, di essere caparbiamente felice: senza scegliere con convinzione, tutto lasciamo sia determinato dalla nostra vigliaccheria, che ci porta a fuggire continuamente dalla responsabilità di ciò che pensiamo, diciamo e facciamo.
Chi non è disposto a lottare non può diventare forte.
Solo nel coraggio dello scegliere quotidianamente con determinazione cosa fare della nostra esistenza, affrontando ogni difficoltà come opportunità di crescita, si trova la nostra migliore natura.
Comprendo profondamente tutto ciò grazie al buddismo di Nichiren Daishonin, grazie all’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, a cui va tutta la mia gratitudine.
La massima felicità in questo mondo non si può che trovarla nelle difficoltà di ogni giorno, così come siamo, migliorando con perseveranza il nostro agire, perfezionandoci costantemente.

Categorie
Scritti e poesie

Non scegli la felicità

Tempo di lettura: 3 minuti
Non scegli la felicità tutte le volte che non ascolti un amico sincero, magari duro con te, ma vero, ogni volta che non gli dai la giusta considerazione.
Non scegli la felicità tutte le volte che dimentichi quanto sia prezioso e raro avere un buon amico.
Non scegli la felicità ogni volta che scegli gli adulatori, chi ti dice sempre di sì, chi in realtà ti invidia, chi è falso, solo per sentirti appagato.
Non scegli la felicità tutte le volte che non ti informi, ma rimani a galleggiare in superficie di ogni cosa, senza mai prendere posizione su nulla, senza mai agire in alcuna direzione.
Non scegli la felicità ogni volta che ti limiti ad osservare e criticare dall’esterno, come se tu anche non fossi vita, illudendoti di non poter far nulla per aiutare gli altri a non cadere in errore.
Non scegli la felicità quando dimentichi di chi ti ha aiutato, anche se non lo avevi chiesto.
Non scegli la felicità quando non distingui chi ti ha aiutato per un interesse egoistico da chi ti ha aiutato con l’interesse personale di vederti felice.
Non scegli la felicità ogni volta che ti illudi che il dolore degli altri non ti riguardi.
Non scegli la felicità ogni volta che non affronti il tuo dolore.
Non scegli la felicità ogni giorno che scegli di non combattere contro i tuoi difetti, le tue illusioni, il male che porti con te.
Non scegli la felicità ogni volta che ti arrabbi con chi ti vuole bene perché ti dice ciò che pensa.
Non scegli la felicità ogni volta che consideri i tuoi parenti, in particolar modo i tuoi genitori, un ostacolo alla tua felicità se non addirittura i responsabili della tua infelicità.
Non scegli la felicità ogni volta che non ti assumi le responsabilità delle tue azioni, dei tuoi pensieri, delle tue parole.
Non scegli la felicità ogni volta che dimentichi che, se puoi gioire anche di un solo istante della vita, è grazie ai tuoi genitori che ti hanno fatto nascere.
Non scegli la felicità ogni volta che fuggi da quello che è difficile, per cercare la strada più corta, illuso che una vita felice sia una vita facile e comoda.
Non scegli la felicità tutte le volte che hai paura dei tuoi sentimenti, di persone o situazioni, perché pensi intimamente di non esserne all’altezza e decidi di fuggire, invece di farti coraggio e rischiare.
Non scegli la felicità tutte le volte che, invece di scegliere, decidi di farti scegliere.
Non scegli la felicità ogni volta che menti a te stesso, che dimentichi che ogni tua gioia deriva dall’impegno e dall’onestà di affrontare ogni sofferenza come opportunità di crescita.
Non scegli la felicità ogni volta che dimentichi l’amore per le cose naturali.
Non scegli la felicità ogni volta che dimentichi che l’amore vive dentro te nell’atto di dare, non in quello di ricevere.
Non scegli la felicità tutte le volte che giudichi gli altri, invece di impegnarti a migliorare te stesso.
Non scegli la felicità ogni volta che, invece di andare fino in fondo ad una situazione, preferisci cambiare strada, giustificando la tua scelta come se la situazione non fosse quella giusta per te.
Non scegli la felicità ogni volta che ti diverti in cose stupide, effimere e inutili, invece di gioire delle cose intelligenti, leggere e profonde.
Non scegli la felicità ogni volta che non vivi il presente e non ne cogli il valore irripetibile.
Non scegli la felicità ogni volta che smetti di cercare la verità e la giustizia al punto da pensare che non esistano.
Non scegli la felicità ogni volta che dimentichi quanto l’altro sia importante quanto te.
Non scegli la felicità ogni volta che non scegli.
Dario Pulcini
Categorie
Buddismo Umanesimo

La vita è ora

Tempo di lettura: < 1 minuti

Non c’è momento più importante per trasformare la propria vita che ora. Se si cerca la felicità al di fuori o nel futuro o nostalgicamente nel passato, non ci si concentra sulla vita reale, che è in questo esatto momento, attimo dopo attimo. È adesso il momento di essere felici, di impegnarsi nella propria realizzazione, di affrontare sofferenze e paure e sconfiggerle, è adesso il momento per tirare fuori i nostri talenti. Alla fine non possiamo sapere cosa sarà del nostro futuro se non conducendo un’esistenza appagante e realizzata nel momento presente. Ciò porterà certamente ad un domani brillante, pieno di emozioni, ad una vita costellata di successo e realizzazione, grazie alla creatività con cui affronteremo nel momento presente ogni difficoltà come opportunità di crescita e ogni gioia con gratitudine.
Ognuno con il suo modo tutto unico, inimitabile e così prezioso di essere.

Categorie
Buddismo Filosofia Umanesimo

Non amo il divertimento. La gioia è contagiosa!

Tempo di lettura: < 1 minuti

Io non amo il divertimento. Perché alla fine divertirsi significa fare qualcosa per non pensare a qualcos’altro, è la felicità effimera dei vigliacchi, degli illusi. Io amo gioire. Nell’atto del gioire regalo al mondo felicità, una felicità che parte da me, qualcosa che posso dare senza mai perderne, qualcosa che posso dare senza alcun bisogno di chiedere nulla in cambio, perché mi soddisfa di per sé, un’emozione che aumenta sempre più, che non ha limiti. La gioia che esprimo è una danza interminabile, è leggerezza e profondità, è sincerità, cuore puro, forza inesauribile, attenzione, responsabilità. Per gioire ci vuole coraggio, una fiducia illimitata nella bellezza della vita, la capacità di amare veramente e altruisticamente: perché quale gioia è più grande che portare ognuno nella pienezza del suo essere, per farlo godere del beneficio della gioia di vivere?
La gioia che vivo è meravigliosamente contagiosa :-)

Categorie
Culture Poesia Umanesimo

Prima di tutto l’uomo (Lettera al figlio) di Nazim Hikmet

Tempo di lettura: < 1 minuti

Ecco le parole toccanti di un grande poeta turco, Nazim Hikmet: in questa poesia troviamo l’eredità spirituale che lascia a suo figlio, quale insegnamento eterno. Spero che la Turchia e il popolo turco, come l’Italia e gli italiani, come tutte le nazioni e i popoli del mondo, un giorno sappiano parlare un unico linguaggio comune: quello della pace, della verità, della libertà, dell’eguaglianza, della dignità, dell’amore, della giustizia.

“Non vivere su questa terra
come un inquilino
oppure in villeggiatura 
nella natura
vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano al mare alla terra
ma soprattutto all’uomo.
Ama la nuvola la macchina il libro
ma innanzi tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza
del ramo che si secca
del pianeta che si spegne
dell’animale infermo
ma innanzitutto la tristezza dell’uomo.
Che tutti i beni terrestri
ti diano gioia,
che l’ombre e il chiaro
che le quattro stagioni
ti diano gioia,
ma che soprattutto, l’uomo
ti dia gioia.”
Nazim Hikmet

Categorie
Società Umanesimo Video

Cosa si riceve quando si dà agli altri?

Tempo di lettura: < 1 minuti

Cosa si riceve quando si dà agli altri? Né il successo, né la fama, né il denaro, ma qualcosa di molto più importante, qualcosa che rende la nostra vita splendente e degna d’essere vissuta. Mi rendo sempre più conto di non essere più in grado di agire diversamente… E ne sono felice.

This video made my day!

If everyone thinks like this guy the world would be full love and happiness

Posted by DeLorean on Giovedì 5 febbraio 2015

Categorie
Economia Società Umanesimo

La convivialità

Tempo di lettura: 3 minuti

Riporto qui una parte dell’introduzione del saggio scritto da Ivan Illich nel 1973, La Convivialità, che sto leggendo, credo sia assolutamente illuminante e è assolutamente coerente con il mio pensiero.

La società, una volta raggiunto lo stadio avanzato della produzione di massa, produce la propria distruzione. La natura viene snaturata. Sradicato, castrato nella sua creatività, l’uomo è rinserrato nella propria capsula individuale. La collettività è governata dal gioco combinato di una polarizzazione estrema e di una specializzazione a oltranza. L’affannosa ricerca di modelli e prodotti sempre nuovi, cancro del tessuto sociale, accelera a tal punto il mutamento da escludere ogni ricorso ai precedenti come guida per l’azione. Il monopolio del modo di produzione industriale riduce gli uomini a materia prima lavorata dagli strumenti. E tutto questo in misura non più tollerabile. Poco importa che si tratti di un monopolio privato o pubblico: la degradazione della natura, la distruzione dei legami sociali, la disintegrazione dell’uomo non potranno mai servire a uno scopo sociale.
Le ideologie oggi correnti mettono in luce le contraddizioni della società capitalista, ma non forniscono il quadro necessario per analizzare la crisi del modo di produzione industriale. Mi auguro che un giorno si arrivi a formulare una teoria generale dell’industrializzazione abbastanza rigorosa da reggere all’assalto della critica. Per poter funzionare, questa teoria dovrà esprimere i propri concetti in un linguaggio comune a tutte le parti in causa, in modo che i criteri da essa definiti concettualmente siano altrettanti parametri su scala umana: strumenti di misura, mezzi di controllo, guide per l’azione. Si potranno allora valutare le tecniche disponibili e le diverse programmazioni che esse implicano. Si determineranno le soglie di nocività dell’attrezzatura sociale, il punto in cui questa si rivolge contro il proprio fine o minaccia l’uomo; si limiterà il potere dello strumento. Si inventeranno le forme e i ritmi di un modo di produzione postindustriale e di un nuovo mondo sociale.
Vorrei che questo saggio contribuisse alla formulazione di una tale teoria chiarendo almeno un punto: come esistano delle tecniche ipertrofiche nell’uso di energia o d’informazione, la cui stessa struttura ingenera rapporti di sfruttamento e di dominio nelle società che le adottano. Non è facile immaginare una società in cui l’organizzazione industriale sia equilibrata e compensata da modi di produzione complementari, distinti e ad alto rendimento. Siamo talmente deformati dalle abitudini industriali che non osiamo più scrutare il campo del possibile, e l’idea di rinunciare alla produzione di massa di tutti gli articoli e servizi è per noi come un ritorno alle catene del passato o al mito del buon selvaggio. Ma se vogliamo ampliare il nostro angolo di visuale, adeguandolo alle dimensioni della realtà, dobbiamo ammettere che non esiste un unico modo di utilizzare le scoperte scientifiche, ma per lo meno due, tra loro antinomici.
C’è un uso della scoperta che conduce alla specializzazione dei compiti, alla istituzionalizzazione dei valori, alla centralizzazione del potere: l’uomo diviene l’accessorio della megamacchina, un ingranaggio della burocrazia. Ma c’è un secondo modo di mettere a frutto l’invenzione, che accresce il potere e il sapere di ognuno, consentendo a ognuno di esercitare la propria creatività senza per questo negare lo stesso spazio d’iniziativa e di produttività agli altri.
Se vogliamo poter dire qualcosa sul mondo futuro, disegnare i contorni di una società a venire che non sia iperindustriale, dobbiamo riconoscere l’esistenza di scale e limiti naturali. L’equilibrio della vita si dispiega in varie dimensioni; fragile e complesso, non oltrepassa certi limiti. Esistono delle soglie che non si possono superare. La macchina non ha soppresso la schiavitù umana, ma le ha dato una diversa configurazione. Infatti, superato il limite, lo strumento da servitore diviene despota. Oltrepassata la soglia, la società diventa scuola, ospedale, prigione, e comincia la grande reclusione. Occorre individuare esattamente dove si trova, per ogni componente dell’equilibrio globale, questo limite critico. Sarà allora possibile articolare in modo nuovo la millenaria triade dell’uomo, dello strumento e della società. Chiamo società conviviale una società in cui lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato a un corpo di specialisti che lo tiene sotto il proprio controllo. Conviviale è la società in cui prevale la possibilità per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni.
Parlando di «convivialità» dello strumento mi rendo conto di dare un senso in parte nuovo al significato corrente della parola. Lo faccio perché ho bisogno di un termine tecnico per indicare lo strumento che sia scientificamente razionale e destinato all’uomo austeramente anarchico. L’uomo che trova la propria gioia nell’impiego dello strumento conviviale io lo chiamo austero. Egli conosce ciò che lo spagnolo chiama la convivencialidad, vive in quella che il tedesco definisce Mitmenschlichkeit. L’austerità non significa infatti isolamento o chiusura in se stessi. Per Aristotele come per Tommaso d’Aquino, è il fondamento dell’amicizia. Trattando del gioco ordinato e creatore, Tommaso definisce l’austerità come una virtù che non esclude tutti i piaceri, ma soltanto quelli che degradano o ostacolano le relazioni personali. L’austerità fa parte di una virtù più fragile, che la supera e la include, ed è la gioia, l’eutrapelia, l’amicizia.