Il reale problema nell’ambito del diritto italiano odierno consiste nella estrema difficoltà della conoscibilità della norma e nella complessità abnorme del sistema.
L’antigiuridicità intesa al riguardo dell’intero ordinamento, basata sui principi costituzionali, è stata via via adattata ai vari rami del diritto, dando luogo a dibattiti dottrinali mai sopiti e che quasi sempre derivano da intrinseci problemi del sistema stesso, dalla sua vetustà e disorganicità. La complessità del sistema giuridico italiano, inteso come insieme di norme ha raggiunto un grado tale per cui risulta sempre più difficile la distinzione tra “giusto e sbagliato” in tale ambito, tra norma anacronistica e norma vivente. Il risultato è una totale impossibilità per il comune cittadino (a cui si rivolgono e si debbono rivolgere le norme) di districarsi nel labirinto legislativo, fatto di leggi, d.l., d.lgs. a volte anche contraddittori tra loro, a trovare certezza del diritto, quest’ultimo principio cardine di uno stato moderno.
Ciò provoca l’abnorme numero di avvocati presenti in Italia, quale categoria di professionisti privati cittadini unici conoscitori delle procedure e delle norme del diritto. Per l’italiano medio la giustizia dei tribunali è una difficoltà del vivere da cittadino e non una garanzia di legalità. Non si può quindi oggi prescindere dalla necessità di un riordinamento complessivo dell’ordinamento, per consentire anche al comune cittadino di recepire (almeno a grandi linee) il sistema giuridico e la sua necessità nel suo insieme. Bisogna ridurre le norme ad un numero tale da poter garantirne la conoscibilità, eliminando le parti obsolete e raccogliendo le discipline in un “corpus” organico. E’ necessario riformulare le norme in maniera tale da poter essere comprensibili per il cittadino comune, almeno nel loro significato generale.
E’ di fondamentale importanza porgredire nell’armonizzazione quantitativa e qualitativa con le normative europee e gli altri Stati dell’Unione. Pur lasciando inalterati i principi costituzionali è necessario alla luce di questi riordinare e risistemare l’intero ordinamento per potenziare la loro efficacia nella vita comune, se veramente si vuole perseguire l’obiettivo di tutelare il cittadino in tutte le possibili implicazioni giuridiche; ciò garantendo inoltre la sua partecipazione attiva alla creazione legislativa, per costruire uno stato di diritto reale e non solo ideale, grazie anche alle attuali tecnologie informatiche. D’altronde principio fondante costituzionalmente protetto è la sovranità popolare e quindi bisogna partire proprio dal popolo per ricostruire (con l’imprescindibile aiuto di giuristi, professori, avvocati, istituzioni, tribunali) un diritto che sia sentito come necessario e utile dal cittadino.
Ritroviamo nell’attuale ordinamento non meno di 73.000 leggi e 183.000 interventi giurisprudenziali. E’ necessario sintetizzare e riordinare tale abnorme numero di disposizioni in codici, al fine di poter rendere accessibili al cittadino e comprensibili al giurista, le varie parti specifiche di cui si forma l’ordinamento giuridico vigente. E’ inoltre fondamentale attualizzare i codici già esistenti (penale, civile, procedura penale, procedura civile) al fine di dare una nuova linfa di vitalità al diritto vigente, scremando tutte quelle disposizioni ormai superate e rivedendo tutte le disposizioni che impediscono al cittadino di usufruire di un diritto attualmente “esigibile”. In realtà la estrema frammentarietà dell’ordinamento si riflette in un’ingiusta disparità di trattamento da cittadino a cittadino, il quale si sente privato dei più elementari diritti di pacifica convivenza, vedendo spesso garantite certe posizioni di privilegio, persino tramite discipline normative “ad hoc”, le quali dovrebbero invece tutelare l’interesse collettivo della convivenza pacifica e non il particolare interesse di determinate persone o categorie. L'”accanimento legiferativo” che negli anni si è protratto con l’uso improprio del Decreto Legge e del Decreto Legislativo, non rilfette null’altro che questo uso indiscriminato del potere legislativo e esecutivo per proteggere situazioni particolari di categorie se non addirittura individuali. Ciò non significa che non sia necessario prevedere particolari discipline per proteggere le categorie più deboli e più esposte a determinati pericoli della società, nonché i diritti acquisiti, ma evitare l’abuso del potere per fini personali o particolari. E ciò non può essere che mutato tramite una collettiva presa di coscienza, che riguardi tanto i privilegiati che gli esclusi. Bisogna ripensare un modello sociale che ormai si dirige verso il collasso, privilegiando la furbizia in luogo dell’intelligenza, per trasformare il nostro vivere sociale in qualcosa di nuovo e contemporaneamente umano e umanizzante. Sostituire il conflitto sociale del ‘900 con il dialogo maturo dell’umanità nel nuovo millennio, con nuovi strumenti a disposizione e nuove conoscenze.
E in tale trasformazione è imprescindibile il riordinamento generale del vigente diritto, dal più alto numero possibile di individui discusso e approvato altrimenti, come dice il Foscolo “è meno male non avere leggi, che violarle ogni giorno”.