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Musica Umanesimo

Mozart – Una piccola cantata tedesca

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In una delle ultime composizioni del genio musicale Wolfang Amadeus Mozart, Eine kleine deutsche Kantate (Una piccola cantata tedesca), sul testo di F. H. Ziegenhagen, emerge tutta la meravigliosa empatia verso ogni essere vivente del grande artista: un brano senza tempo, simbolo di tolleranza, pace e fratellanza tra tutti i viventi.

Recitative
Die ihr des unermeßlichen Weltalls
Schöpfer ehrt,
Jehova nennt ihn, oder Gott,
nennt Fu ihn, oder Brahma,
Hört! hört Worte aus der Posaune
des Allherrschers!
Laut tönt durch Erden, Monde, Sonnen
ihr ewger Schall,
Hört Menschen, hört, Menschen, sie auch ihr!
Recitativo 
Voi che adorate il creatore 
dell’immensurabile universo, 
lo chiamiate Jehova, o Dio, 
o Fu, o Brahma, 
ascoltate! Ascoltate parole dal trombone
celeste dell’Onnipotente! 
Forte risuona per terre, lune ed astri 
il suo suono eterno, 
ascoltatelo, uomini, anche voi!
Andante
Liebt mich in meinen Werken,
Liebt Ordnung, Ebenmaß und Einklang!
Liebt euch selbst und eure Brüder!
Körperkraft und Schönheit sei eure Zier,
Verstandeshelle euer Adel!
Reicht euch der ewgen Freundschaft Bruderhand,
Die nur ein Wahn, nie Wahrheit euch so lang entzog!
Andante
Amatemi nelle mie opere,
amate l’ordine, la proporzione, la consonanza!
Amatevi, amate voi stessi e i vostri fratelli!
Forza fisica e bellezza siano i vostri scopi,
chiarezza di comprensione la vostra nobiltà!
Porgetevi la mano fraterna dell’eterna amicizia,
che solo una follia, mai verità, potrà mai allontanare!
Allegro
Zerbrechet dieses Wahnes Bande,
Zerreißet dieses Vorurteiles Schleier,
Enthüllt euch vom Gewand,
Das Menschheit in Sektiererei verkleidet!
Zu Sicheln schmiedet um das Eisen,
Das Menschen-, das Bruderblut bisher vergoß!
Zersprenget Felsen mit dem schwarzen Staube,
Der mordend Blei ins Bruderherz oft schnellte!
Allegro
Spezzate questi vani legami,
strappate questo velo del pregiudizio,
spogliatevi dalle vesti
che coprono l’umanità settaria!
In falci viene forgiato il ferro,
che fin ora ha versato il sangue degli uomini, dei fratelli!
Spezzate le rocce col nero bastone,
che spesso spara piombo nel cuore del fratello!
Andante
Wähnt nicht, daß wahres Unglück sei auf meiner Erde!
Belehrung ist es nur, die wohltut,
Wenn sie euch zu bessern Taten spornt,
Die Menschen, ihr in Unglück wandelt,
Wenn töricht blind ihr rückwärts in den Stachel schlagt,
Der vorwärts, vorwärts euch antreiben sollte.
Andante
Non abbiate lo stolto pensiero che la vera infelicità esista sulla mia terra!
E’ solo l’insegnamento che fa bene,
se vi sprona ad azioni migliori,
voi uomini, che errate nell’infelicità,
quando dementi e ciechi andando indietro trovate spine,
deve spingervi sempre avanti, avanti.
Andante
Seid weise nur, seid kraftvoll und seid Brüder!
Dann ruht auf euch mein ganzes Wohlgefallen,
Dann netzen Freudenzähren nur die Wangen,
Dann werden eure Klagen Jubeltöne,
Dann schaffet ihr zu Edens Tälern Wüsten,
Dann lachet alles euch in der Natur,
Andante
Siate saggi, siate forti e siate fratelli!
Allora sia su voi tutto il mio favore,
allora lacrime di gioia vi righeranno le guance,
allora i vostri lamenti diverranno canti di gioia,
allora i deserti si trasfromeranno per voi in valli paradisiache,
allora tutto riderà per voi nella natura,
Allegro
Dann ist’s erreicht, des Lebens wahres Glück!
Allegro
allora sarà raggiunta la vera felicità della vita!

(Traduzione Amelia Maria Imbarrato)
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Umanesimo

Il coraggio di essere disadattati

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Vi sono alcune cose nel nostro sistema sociale rispetto alle quali noi tutti dovremmo essere dei disadattati… Forse la salvezza del mondo sta oggi proprio nelle mani dei disadattati.  La sfida per noi è di essere dei disadattati… Mediante questo coraggioso disadattamento noi sapremo emergere dalla mezzanotte squallida e desolata della disumanità dell’uomo all’alba splendente e luminosa della libertà e della giustizia”.

Martin Luther King Jr

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Culture Diritto Umanesimo

L’educazione alla felicità e la Costituzione Italiana

Tempo di lettura: 6 minutiChe significa educare? Ci viene in aiuto l’etimologia latina della parola, composta da la particella “e” che significa “da, di, fuori” e il verbo “ducàre”, “dùcere”, che significa “condurre, trarre”. Quindi educare significa aiutare il discente a far emergere il suo potenziale, a mettere in atto le sue capacità intellettuali e emotive. In sostanza quindi l’educazione è l’atto di dare gli strumenti idonei ad ogni persona per coltivare i propri talenti e per poterli valorizzare nella comunità in cui si vive.

Nell’attuale sistema educativo, soprattutto per via delle riforme legislative degli ultimi decenni, prevale sempre più l’idea dell’educazione come preparazione e formazione al lavoro. Non sarebbe un problema di per sé, se il sistema fosse orientato ad aiutare lo studente a tirar fuori le sue qualità intrinseche che poi potrà, se lo vorrà, tramutare in professioni, anche non ancora esistenti, a beneficio della comunità. E invece il sistema attuale adatta tristemente la scuola al mondo del lavoro, definendo standard di competenze ricalcate sulle esigenze dell’impresa privata, comprimendo quindi i talenti d’ognuno per incanalarli in un mondo del lavoro ormai egemonizzato sul fare impresa per guadagnare più soldi, in qualsiasi modo ciò avvenga, anche a scapito del bene della comunità. Una visione d’impresa ben lontana dalla filosofia aziendale di impresa sociale di Adriano Olivetti e dal doveroso interesse sociale come limite alla libertà di iniziativa economica privata statuito dalla Costituzione Repubblicana all’articolo 41.

Si è sostanzialmente perduto quindi l’obiettivo primario dell’educazione: aiutare l’individuo a coltivare liberamente, secondo le sue scelte, i suoi talenti.

Uso la parola “talenti”, al plurale, perché un altro danno enorme, prodotto dal sistema educativo dominante modellato sul sistema di lavoro industriale, è quello di puntare sulla specializzazione delle persone su una singola mansione. Per sua natura l’uomo è artista, artigiano e intellettuale: la specializzazione in un singolo ambito e in maniera sempre più restrittiva, impedisce di fatto all’individuo di coltivare tutte le sue capacità, che non possono certo essere ridotte ad una sola materia e/o una sola mansione.

Il sistema educativo dovrebbe essere incentrato sul condurre la persona verso la scoperta e liberazione delle proprie innate capacità per elevarle al loro massimo potenziale, in modo da poter portare un reale progresso materiale e spirituale nella comunità in cui vive.

Oggi se non hai un lavoro vieni considerato o un poco di buono o un fallito. Questo provoca in tanti giovani, in un paese come il nostro che ha una disoccupazione giovanile altissima, il desiderio o di fuggire verso paesi dove si sentono valorizzati o dove trovano più facilmente lavoro a prescindere dalle proprie qualità intrinseche.

Nulla di più insensato: è proprio per via di questo modello educativo fatto di standard e specializzazione a fini di adattamento all’esistente sistema del lavoro, che troviamo l’incapacità della nostra comunità di superare brillantemente le problematiche più urgenti, dalla crisi economica, a quella sociale e ambientale, provocate proprio dall’attuale sistema del lavoro.

Eppure la nostra meravigliosa Costituzione Italiana, pur non parlando esplicitamente di felicità, implicitamente ne esprime il senso più profondo. Difatti l’art. 3 statuisce che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

E qui ritroviamo tutto quanto precedentemente detto. Gli ostacoli, in questo caso un certo modo d’intendere il sistema educativo, che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e vanno necessariamente rimossi. Questo perché è nel pieno sviluppo della persona, delle sue capacità, dei suoi talenti, che è possibile garantire  l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. E quale altra felicità può esistere per un individuo se non sentirsi partecipe tramite il proprio ruolo politico, economico e sociale alla crescita della propria comunità? Sentirsi persona valida e utile al benessere comune, oltre che al proprio, significa sentire pienamente soddisfatto il desiderio fondamentale di dare senso e valore alla propria esistenza. Ciò genera una felicità duratura, che si coltiva ogni giorno quando si ha lo spazio di sbagliare e riprovare, di perfezionarsi, senza sentirsi continuamente giudicato, deriso o condannato (ad essere un poco di buono, un mediocre, un inetto).

I temi fondamentali della pedagogia elaborata dal filosofo e educatore giapponese Tsunesaburo Makiguchi racchiudono sapientemente in maniera integrata il concetto di educazione alla felicità: in primo luogo, l’educazione deve basarsi sui bisogni quotidiani delle persone; in secondo luogo, deve mantenere l’obiettivo della felicità intesa come lo sviluppo di una coscienza sociale e della consapevolezza che chiunque ha il diritto di essere felice; in terzo luogo, deve aiutare a sviluppare il potenziale creativo che esiste in ogni essere umano.

Ancora oggi il lavoro dell’artista non viene considerato tale, l’artigianato sta scomparendo, sostituito dall’industria produttrice di oggetti seriali a obsolescenza programmata, l’intellettuale è considerato o un radical chic utile al vezzo dei pochi che capiscono le sue bislacche elucubrazioni o, ancor peggio, al servizio del potere economico per creare quel pensiero unico capace di sostenere l’attuale modello di sviluppo palesemente insostenibile. Non può esistere nell’immaginario collettivo, inculcato dai media al servizio del potere economico,  un contadino, uno spazzino, un elettricista, un impiegato, che coltivino le loro capacità di artisti, artigiani e intellettuali nel loro lavoro. Se hanno di queste pretese che le coltivino nel poco tempo libero lasciato a disposizione dalle esigenze della produzione industriale.

Proprio in ciò è ravvisabile l’effetto fondamentale del sistema didattico attuale: le qualità di artista, artigiano e intellettuale, insite in ogni singolo individuo e con caratteristiche peculiari derivanti dalla personalità unica di ognuno, invece che essere  valorizzate vengono considerate al massimo delle attività in cui dedicarsi nel (poco) tempo libero, salvo i rari casi in cui faccia comodo al sistema economico dominante. Questo si evince dall’imporre, tramite i mezzi di comunicazione di massa, un manipolo ristretto di persone prive di valore artistico o opere di bassissimo contenuto culturale portandole alla fama e al successo; dal relegare l’eccellenza della produzione artigiana a bene di lusso, riservata ai pochi ricchi che se la possono permettere; dal far passare per intellettuali persone prive di ogni capacità critica e di qualsivoglia idea originale, ben aderenti al pensiero unico dominante per cui l’attuale è il migliore dei sistemi economici, politici e sociali possibili.

La prevalenza dell’interesse economico privato su ogni altro valore sta distruggendo la socialità, il saper fare insieme e bene, il piacere di fare per il desidero di fare e non per un risultato determinato a priori. Molte delle scoperte scientifiche, molte delle opere artistiche che hanno saputo emozionare nei secoli, molte delle invenzioni che hanno cambiato in meglio la vita dell’uomo, provengono proprio dall’aver sfidato i pregiudizi e i preconcetti, dall’aver liberamente creato andando oltre il limite del già conosciuto, del già esperito.

Ivan Illich, scrittore, storico, pedagogista e filosofo austriaco scrive che nel sistema industriale c’è un uso della scoperta che conduce alla specializzazione dei compiti, alla istituzionalizzazione dei valori, alla centralizzazione del potere: l’uomo diviene un mero ingranaggio della burocrazia. Ma c’è un secondo modo di mettere a frutto l’invenzione, che accresce il sapere e il potere di ognuno, consentendo a ognuno di esercitare la propria creatività senza per questo negare lo stesso spazio d’iniziativa e di produttività agli altri. «Se vogliamo – continua Illich – poter dire qualcosa sul mondo futuro, disegnare i contorni di una società a venire che non sia iper-industriale, dobbiamo riconoscere l’esistenza di scale e limiti naturali. Esistono delle soglie che non si possono superare. Infatti, superato il limite, lo strumento da servitore diviene despota. Oltrepassata la soglia, la società diventa scuola, ospedale, prigione e comincia la grande reclusione.»

Illich chiamava società conviviale una società in cui lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato a un gruppo di specialisti che lo tiene sotto il proprio controllo. Conviviale per Illich è la società in cui prevale la possibilità per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni. L’uomo a cui pensava Illich non era un uomo che vive solo di beni e servizi, ma della libertà di modellare gli oggetti che gli stanno attorno, di conformarli al proprio gusto, di servirsene con gli altri e per gli altri.

Inoltre spesso, con grande cecità, la visione dell’educazione è concepita come un percorso meramente scolastico e accademico, quando invece l’educazione è il risultato di tre elementi determinanti: la scuola, la famiglia, l’ambiente (sociale, culturale e naturale).

Un sistema educativo che si pone quale sostituto dell’educazione familiare e, attraverso la creazione di modelli standard, completamente avulso dal contesto, è una mera illusione. Il risultato di questa visione porta all’espressione delle pulsioni creative giovanili sempre più al di fuori del contesto familiare e scolastico, quindi completamente in disarmonia con la realtà che circonda i giovani. Ciò porta ad una infelicità diffusa, finanche alla depressione, perché il giovane non si sente compreso e aiutato nell’emersione della sua personalità, dei suoi talenti, ma emarginato se non segue gli standard imposti, cui non può essere mossa alcuna critica. Il giovane è talmente indottrinato dal dovere di studiare al solo fine, avvilente, di far soldi, da non chiedersi nemmeno più quali sono i suoi talenti, quali i suoi sogni.

L’educazione, oggi per lo più tesa ad annichilire le divergenze, pensando che ciò porti come risultato la creazione di una comunità ben organizzata, quando in realtà uccide ogni pulsione al progresso che sempre spinge l’agire l’essere umano in età giovanile, deve tornare a pulsare di energia vitale: e questo è possibile solo se si lascia ai giovani la possibilità di esprimere il loro dissenso, a dar valore alla loro capacità critica costruttiva della realtà esistente, incentivandoli ad assumersi con responsabilità e indipendenza il loro percorso formativo. Ciò porterà certamente a nuove generazioni capaci di costruire modelli di pensiero divergenti, dove non c’è una soluzione preconfezionata, ma tante possibili soluzioni che possono essere esperite e quindi considerate o meno valide attraverso un dialogo costante con i propri simili ad ogni livello: scuola, famiglia e comunità.

Il cambiamento del paradigma educativo è necessario quindi per dare speranza e futuro all’umanità.

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Culture Poesia Umanesimo

Prima di tutto l’uomo (Lettera al figlio) di Nazim Hikmet

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Ecco le parole toccanti di un grande poeta turco, Nazim Hikmet: in questa poesia troviamo l’eredità spirituale che lascia a suo figlio, quale insegnamento eterno. Spero che la Turchia e il popolo turco, come l’Italia e gli italiani, come tutte le nazioni e i popoli del mondo, un giorno sappiano parlare un unico linguaggio comune: quello della pace, della verità, della libertà, dell’eguaglianza, della dignità, dell’amore, della giustizia.

“Non vivere su questa terra
come un inquilino
oppure in villeggiatura 
nella natura
vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano al mare alla terra
ma soprattutto all’uomo.
Ama la nuvola la macchina il libro
ma innanzi tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza
del ramo che si secca
del pianeta che si spegne
dell’animale infermo
ma innanzitutto la tristezza dell’uomo.
Che tutti i beni terrestri
ti diano gioia,
che l’ombre e il chiaro
che le quattro stagioni
ti diano gioia,
ma che soprattutto, l’uomo
ti dia gioia.”
Nazim Hikmet

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Umanesimo

Non esiste nessun re se nessuno vuole fare il suddito

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Non esiste nessun re se nessuno vuole fare il suddito. Ma vivere da uomini liberi comporta responsabilità, molto più facile vivere da sudditi, anche se ciò non rende veramente felici. È la paura della responsabilità che porta una persona a vivere nella prigione che ha, con le proprie stesse mani, costruito. Avere proprie idee, vestire, abitare, muoversi, vivere come si vuole, fare ciò che veramente piace, comporta il dare il giusto peso al giudizio degli altri. Se si sceglie la sudditanza non si può che scegliere tutto in maniera tale da non sentirsi giudicato, quindi ci si omologa alla massa, alla superficialità degli accessori propinati dalle pubblicità delle grandi ditte multinazionali, per non rischiare di sbagliare, per non rischiare di essere “fuori moda”. Eppure è proprio dagli errori, dall’osare e dal rischiare in prima persona, che l’essere umano ha compiuto le più grandi scoperte ed è riuscito a creare qualcosa di nuovo, qualcosa che ha determinato un progresso per sé e per gli altri. E è proprio dallo svelare i propri talenti, sbagliando e provando di nuovo per tutta l’esistenza, che si impara ad amare la vita pienamente, a provare gioia per il solo fatto di esistere. Una migliore umanità può esistere solo se ognuno si impegna coraggiosamente ad essere libero ed indipendente, senza però negare o rifiutare l’oggettiva connessione con tutto ciò che è vita, senza mai negare l’immenso potenziale che ogni persona possiede, senza mai negare il dialogo. Perché senza dare la giusta importanza alla relazione non ci si può sviluppare pienamente, poiché nulla nasce dal niente. È dalla qualità delle relazioni con tutto ciò che ci circonda, dalla sincerità con cui ci rapportiamo con tutto, che può risplendere la nostra unicità, il nostro più vero e profondo valore. Non importa quante volte rimarremo feriti, delusi, quante volte saremo derisi, quante volte feriremo, deluderemo, deridremo, nel nostro quotidiano impegno a migliorarci: non esite gioia più grande dell’essere ciò che si è, nel dire sinceramente ciò che si pensa, senza alcuna vergogna, imparando a chiedere scusa e a ringraziare, impegnandosi a sviluppare le nostre virtù uniche e inimtabili e sostenendo gli altri affinché facciano altrettanto. L’unità nella diversità è l’unica realtà in cui è possibile essere felici. L’essere è sempre immensamente più grande dell’avere. Ma ci vuole coraggio. La vera felicità, quindi la consapevolezza di cosa è realmente la vita, non può essere compresa e ottenuta se si ha continuamente paura di vivere: e chiudersi all’altro è la massima espressione della propria arroganza, che altro non è che paura di vivere. Noi siamo tutto e tutto è noi. Se non si ha la piena consapevolezza di ciò non si può vivere da uomini liberi, tantomeno da uomini felici.

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Politica Umanesimo

Sacco e Vanzetti

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Il 23 agosto 1927 vennero giustiziati sulla sedia elettrica a Charleston (USA) Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Furono accusati di omicidio, ma la condanna fu fortemente influenzata dal fatto che essi furono immigranti italiani e anarchici.  Nel 1977, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis, ammise gli errori commessi nel processo, avviando la riabilitazione della loro memoria.
Questa è l’ultima commovente lettera scritta da Nicola Sacco al figlio Dante, un eterno esempio di dignità umana.

“Mio carissimo figlio e compagno,  sin dal giorno che ti vidi per l’ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire!
Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario.
Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata – a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena! Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei! Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quei giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D’altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perchè io ti amo tanto, tanto… I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.”
Nicola Sacco

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Culture Scritti e poesie Umanesimo

Poesia della grandezze – estratti – Walt Whitman

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[…]
Grande la libertà! Grande l’uguaglianza! Sono un loro seguace,
Nocchieri delle nazioni, scegliete la vostra barca! Dove voi
veleggerete, io veleggerò!
Vostro è il potere di vita e morte, vostra è la scienza perfetta, in voi
ripongo una fede assoluta.
Grande è l’oggi, e bello,
È bello vivere in questa età, non c’è mai stato momento migliore.
Grandi sono i rischi, gli spasmi, i trionfi, i cedimenti della
democrazia,
Grandi i riformatori, fra fallimenti e urla,
Grande l’audacia e l’impeto dei naviganti per nuove esplorazioni.
Grandi siamo tu e io,
Siamo come i più vecchi e i più giovani,
Ciò che ha fatto il migliore o il peggiore, lo potremo fare anche noi,
Ciò che hanno provato, non lo abbiamo forse provato anche noi?
Ciò che hanno voluto, non lo vogliamo forse anche noi?
Grande la giovinezza, ma grande anche la vecchiaia – grandi il giorno
e la notte,
Grande è la ricchezza, grande la povertà, grande l’espressione, grande
il silenzio.
Giovinezza, sconfinata vigorosa appassionata – giovinezza, piena di
grazia, forza, fascino,
Sai che la vecchiaia può venire per te, con pari grazia, forza,
fascino?
Giorno, sbocciato e splendente – giorno di sole immenso, di azione,
ambizione, risa,
La notte segue da vicino, con milioni di astri, e sonno e tenebre
ristoratrici.
Ricchezza, a piene mani, abiti raffinati, ospitalità,
E poi ricchezza dell’animo, che è candore, conoscenza, orgoglio,
amore avvolgente;
(Chi cerca uomini e donne che ostengono che la povertà è più
sontuosa della ricchezza?)
Espressione della parola! In ciò che è scritto o detto, non dimenticare
che anche il silenzio è espressivo,
Che l’angoscia più bruciante, che il disprezzo più glaciale, possono
essere senza parole,
Che la vera adorazione è anch’essa senza parole, e senza genuflessioni.
[…]
Grande è la terra, e come è diventata ciò che è,
Tu credi che si sia fermata qui? Che abbia smesso di crescere?
Devi allora capire che da qui riprenderà il cammino, fatto da quando
giaceva coperta di acque e di gas.
Grande, nell’uomo, è il valore della verità,
Che lo sostiene fra tanti cambiamenti ed
È insita nell’uomo – che ne è innamorato, l’uomo e la verità non si
lasciano mai.
La verità nell’uomo non è una massima, ma è parte vitale come la vista,
Lì dove c’è un’anima, lì è la verità – dove c’è un uomo o una donna, lì
è la verità – dove c’è uno spazio fisico o morale, lì è la verità,
Se c’è volontà o equilibrio, lì è la verità – qualunque cosa vi sia sulla
terra, lì è la verità.
O verità della terra! O verità delle cose! Sono pronto a percorrere tutta
la strada verso di te,
A sondare la tua voce! Dietro di te io scalo montagne o mi tuffo nel
mare.
Grande il linguaggio – è la scienza più potente,
È pienezza, colore, forma, e diversità della terra, degli uomini, delle
donne e di tutte le categorie e le opere in corso,
È più grande della ricchezza – è più grande di palazzi, navi, religioni,
dipinti, musica.
[…]
Il nuovo ordine deve governare come governa lo spirito e come
governano amore, giustizia e equità d’animo.
Grande è la legge – grandi sono i pochi fondamentali punti chiave
della legge,
Sono immutabili nel tempo, e non devono essere travisati.
[…]
Grande è la giustizia!
La giustizia non è stabilita da legislatori e leggi – è nell’anima,
Non può essere modificata da statuti, come non lo possono essere
amore, orgoglio, forza di gravità,
È immutabile – non dipende dalle maggioranze – da maggioranze o da
quant’altro alla fine giunge di fronte allo stesso tribunale,
impassibile e rigoroso.
Perché la giustizia è per natura quella dei grandi avvocati e dei giudici
perfetti, è insita nelle loro anime,
È ben dotata – non per niente hanno studiato – il grande include il
piccolo,
Decidono sugli argomenti più importanti, sovrintendono a tutto,
epoche, Stati, amministrazioni.
Il giudice perfetto di nulla ha paura, potrebbe stare faccia a faccia
davanti a Dio,
Alla presenza del giudice perfetto tutto deve farsi da parte – vita e morte
devono farsi da parte – paradiso e inferno devono farsi da parte.
Grande è la bontà!
Non so che sia, più di quanto non sappia cosa sia la salute, ma so che è grande.
Grande è la malvagità – spesso mi scopro ad ammirarla quanto
ammiro la bontà,
Ti sembra un paradosso? Lo è di certo.
L’eterno equilibrio delle cose è grande, e l’eterno capovolgimento
delle cose è grande,
E questo è un altro paradosso.
Grande è la vita, concreta e mistica, ovunque e per chiunque,
Grande è la morte – certo, come la vita tiene tutto insieme, così la
morte tiene tutto insieme,
La morte ha tanto valore quanto ne ha la vita,
Tu godi di ciò che offre la vita? Dovresti godere di ciò che offre la
morte,
E io non afferro le realtà della morte, ma so che sono grandi,
E io, se non afferro la più piccola realtà della vita – come posso,
allora, comprendere le realtà della morte?

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Culture Economia Filosofia Politica Società Umanesimo

Libertà e informazione

Tempo di lettura: 4 minuti

copertina_zeitgeist

Leggo oggi per la prima volta (d’altronde aspettarsi dai media mainstream informazione è come cercare acqua nel deserto) che il Parlamento Europeo il 6 maggio 2009 voterà una regolamentazione sulla rete internet che permetterà ai fornitori di servizi di chiudere il traffico verso qualsiasi sito o servizio vogliano.

Blackouteurope è la campagna promossa da diverse associazioni europee affinché questo non accada: aderite numerosi!

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Politica Umanesimo

25 aprile

Tempo di lettura: 2 minuti

25 aprile 1945

Foto tratta dal sito dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI)

Non starò qui a parlare della storia o dei fatti riguardanti il 25 aprile del 1945. Voglio invitare tutti quanti ad andare a parlare con i partigiani, i pochi rimasti, coloro che hanno combattuto per liberare l’Italia dalla guerra, dall’oppressione e occupazione nazifascista. Ho avuto la fortuna di parlare con alcuni di loro e la cosa che ancora oggi mi commuove è stata la loro capacità di credere ancora oggi, anche da anziani, che il futuro dell’umanità possa essere migliore, che si debba sempre lottare, tutti i giorni, per la libertà degli esseri umani, contro ogni autoritarismo.

Ogni volta che parlo con un partigiano sento un sussulto al cuore, un profondo senso di rispetto, per queste persone comuni che hanno scelto di diventare speciali, di lottare per i propri figli ancor prima che per se stessi, di unire gli esseri umani invece che dividerli, di ricordarsi costantemente quanto siamo simili. Il senso di umanità e la giovinezza che esprimono i loro occhi, i loro gesti, i loro sorrisi, è uguale: una dignità della vita, un coraggio, una sensibilità, che nel frenetico mondo contemporaneo sembrano qualità impossibili.

A questi uomini e donne straordinari va tutto il mio affetto, l’avermi regalato la possibilità di vivere in un paese che al di là dei mille problemi, è ancora abbastanza libero. E faccio una promessa a tutti i partigiani: il mondo e l’Italia che voi avete sognato, lo porterò sempre nel cuore; cercherò, per profonda gratitudine nei vostri confronti, di lottare quotidianamente perché l’Italia possa essere anche meglio dei vostri sogni. Veramente con tutto il cuore, grazie.

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Scritti e poesie

Storie di questo mondo – cap.II

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Capitolo II – Le false libertà


“Non voglio insegnarti nulla,

voglio imparare.

Non voglio ricordarti cosa

devi o non devi fare.

Voglio avere qualcosa da ricordare.

Voglio essere te

e voglio che tu sia me.

Voglio amare liberamente

per questo mondo,

questa umanità

che è come me

nel fiume del cambiamento.”


Ci hanno detto che adesso siamo più liberi di prima. Adesso abbiamo il “benessere”. Ma come fare a dimostrare che è vero? Dobbiamo vedere le strade percorse ieri e le strade che stiamo percorrendo oggi. E quelle che percorreremo domani. Dobbiamo capire cosa era ieri. E come sapere la verità su cosa era ieri. E già iniziano le difficoltà…